mercoledì 10 giugno 2020

Ippolito Nievo e i robot - articolo proposto a "La repubblica"

E’ notizia recente la costituzione di un comitato nazionale per la robotica. L’iniziativa arriva con grande ritardo rispetto a quanto è accaduto in altri paesi, ma è sicuramente necessaria per competere in un’economia globale. Secondo la corrente visione neoliberista, infatti, i “robot” ridurranno i costi del lavoro rendendoci competitivi con i paesi emergenti e , grazie a loro, si creeranno nuove tipologie di prodotti e si apriranno nuovi mercati. Per i transumanisti, l’Uomo sarà finalmente libero dalla punizione biblica del doversi guadagnare il pane con il sudore della fronte, avrà più tempo da dedicare alle arti, al miglioramento di sé stesso, alle attività ludiche.

Molti, però, sembrano dimenticare che il prezzo da pagare sarà alto e, forse, i membri del comitato farebbero bene a leggere il breve romanzo “storia filosofica dei secoli futuri” scritto nel 1860 da Ippolito Nievo. Quando apparve, questo breve scritto fu etichettato come racconto umoristico dai disdegnosi eruditi dell’epoca e, in quanto tale, fu presto dimenticato. In realtà, in esso, Nievo anticipava con grande sagacia e ironia i più importanti fenomeni sociali dei secoli successivi: l’apertura del canale di Suez, la fine del colonialismo, la rivoluzione proletaria in Russia, la comune di Parigi, la perdita del potere temporale della chiesa, la catastrofe ambientale, il neoliberismo,  l’Europa unita e il suo declino a favore di un’Asia sempre più ricca e più colta. Nelle ultime pagine, Nievo si sofferma a lungo su quella che  intuisce essere “la più grande rivoluzione scientifica che operò nel consorzio umano il maggior cambiamento che si sia mai operato”: la costruzione degli omuncoli, degli uomini di seconda mano o, come diremmo oggi, dei robot. Gli “omuncoli” non sono automata, non sono cioè i dispositivi meccanici affascinanti ma stupidi che divertivano le corti rinascimentali, ma vere e proprie macchine intelligenti, in grado ci comunicare e di pensare in modo autonomo.  Nievo identifica nelle banche e negli industriali i principali artefici e sostenitori della scoperta: gli omuncoli sono infatti garanzia di grandi profitti e poco conta che il benessere di pochi porti la società alla noia, all’apatia e a gravi turbe psicologiche. Va detto che, a differenza di altri, Nievo non era un neo-luddista e non credeva che il progresso scientifico e l’innovazione tecnologica fossero necessariamente un fatto negativo. Per lui, quella posta dagli omuncoli sarà solo l’ultimo atto di una battaglia che dura da millenni.

Una sfida in cui l’Uomo dovrà finalmente sciogliere una volta per tutte il nodo della sua doppia natura sempre oscillante tra utopia o distopia, dovrà decidere se essere un Prometeo destinato a creare un mondo a propria immagine e somiglianza o, piuttosto, un Ipometeo, destinato a essere vittima inconsapevole del cambiamento. La posta in gioco è alta: da un lato il rifiuto dell’innovazione e il conseguente decadimento ad uno stato di barbarie, oppure la sua accettazione inconsapevole ed un lento scivolare verso l’insignificanza sociale.

Anche il grande fisico inglese Steven Hawking, da molti ritenuto uno dei massimi pensatori del nostro secolo e che di certo non può essere tacciato di anti-scientismo, nel 2016 pubblicò  su “The Guardian” un articolo in cui ribadiva come l’accettazione acritica dell’automazione a tutti i costi, avrebbe accelerato la distruzione di posti di lavoro anche nel cuore della classe media e lasciato sopravvivere solo pochi lavori  di alta responsabilità e creatività. Il risultato sarebbe stato “l’incremento della più vistosa forbice di ineguaglianza” mai sperimentata dall’Uomo. Un mondo in cui pochissimi addetti in grado di usare sofisticati programmi, possono trarre enormi profitti in un’economia globalizzata e interconnessa dalle reti informatiche.  Un mondo nei fatti inevitabile, ma socialmente devastante.

Ed è per questo che si può solo sperare che questa nuova commissione governativa non sia costituita solo da tecnici ma anche da sociologi, filosofi e umanisti e che non abbia come unico fine la promozione a tutti i costi delle nuove tecnologie ma, soprattutto, il benessere della società nel suo complesso.

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